I modelli aziendali computazionali: dalla partita doppia all’intelligenza economica


Un modello teorico è uno strumento codificato e condiviso che ci consente di predire, cioè di formulare affermazioni presumibilmente vere prima di poterne constatare l’effettiva rispondenza alla realtà. Attenzione: le predizioni possono riguardare passato, presente e futuro!

Se poi il modello è trattabile con metodi matematici ed informatici allora parliamo di modello computazionale. L’uso dei calcolatori ci consente di raccogliere grandi quantità di dati, integrando anche metodi statistici, e di effettuare simulazioni.

Sa avessimo a disposizione un modello computazionale in ambito aziendale, potremmo: effettuare predizioni e simulazioni, individuare anomalie, prendere decisioni accurate.

Se ti stai immaginando qualcosa di complesso, da nerd o accessibile ai pochi che se lo possono permettere, ti stai sbagliando clamorosamente! Tutte le aziende, a partire dal XV secolo (no, non c’erano computer all’epoca…), hanno adottato il modello computazionale descritto dal frate matematico, nonché amico e collaboratore di Leonardo Da Vinci, Luca Pacioli. Il modello è famosissimo: è la partita doppia.

Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalita e della Divina Proportione

Nei secoli, l’evoluzione ci ha portato fino ai programmi per computer, consentendo la realizzazione di modelli via via sempre più sofisticati, giungendo, ai nostri giorni, ad integrare metodi statistici (big data) e di apprendimento automatico.

Dunque la questione vera, quando un’azienda decide di dotarsi o cambiare software per gestire alcuni dei suoi processi, è: cosa offre il mercato tecnologico e, tra le varie possibilità, qual è quella al contempo accessibile per budget ed adeguata per le esigenze emerse?

L’ideale sarebbe ovviamente che un solo software potesse gestire per intero tutto il sistema aziendale dal livello operativo a quello direzionale e su, fino al livello del cosiddetto governo dell’azienda, cioè quello delle decisioni strategiche di medio-lungo periodo.

Ad oggi, tuttavia, soluzioni unitarie sono pressoché introvabili ed il meglio che si possa fare è integrare soluzioni parziali, ciascuna dedicata a gestire bene un processo:

  • ERP: pianificazione delle risorse
  • MRP: pianificazione della produzione
  • CRM: gestione delle relazioni con la clientela
  • PDM: gestione delle informazioni dei prodotti aziendali
  • DMS: gestione documentale
  • UC: comunicazione unificata (email, messaggi istantanei, chiamate vocali e videochiamate…)

Va di moda poi aggiungere un cappello: la cosiddetta Business Intelligence che mette a disposizione uno strumento di governo basato su cruscotti.

Non resta che coinvolgere un consulente o un team di consulenti integrati che aiuti a definire le esigenze e a trovare il mix di strumenti informatici che, una volta connessi tra loro, mettono a disposizione uno strumento unitario o non troppo frammentario, per tutto il personale.

Ciascuno diventa fornitore e fruitore di: dati, comunicazioni, informazioni e conoscenze.

Non sfugga un aspetto importante: si forma in questo modo una memoria aziendale, un luogo virtuale, ma non per questo meno reale di un cervello biologico, in cui possono aver luogo elaborazioni che trascendono ogni singolo lavoratore, anche quelli con ruolo di governo aziendale.

Prova ne sia che le aziende ben organizzate sopravvivono alla rotazione del personale senza soffrire di quella che nel knowledge management viene chiamata: amnesia aziendale.

Affiora alla mente una locuzione che un po’ intimorisce: intelligenza aziendale. Per la verità, in letteratura esiste già un simile concetto, sebbene ancora poco noto e limitato all’ambiente esterno dell’impresa: intelligenza competitiva o intelligenza economica.

Lo scopo di questo articolo era quello di introdurre il concetto. Per meglio comprenderlo, occorre aver chiara la differenza tra la cultura d’impresa basata sull’informazione e quella, più evoluta, basata sulla conoscenza.

A te la scelta!


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